giovedì 27 giugno 2013

UN SISMA "RIVOLUZIONARIO": IL TERREMOTO DI LISBONA DEL 1755

Immaginate di recarvi (con la mente) indietro nel tempo sino ad arrivare al 1° novembre 1755 e viaggiare nello spazio fino a Lisbona, capitale del Portogallo.
A quell'epoca Lisbona era nientemeno che la quarta città più grande d'Europa.
La popolazione era però totalmente ignara che, al largo del Portogallo, intricati sistemi di faglie si intersecano in una zona tettonicamente alquanto complessa ed instabile.
Appunto, il 1° novembre del 1755, il giorno della festa di Ognissanti, precisamente tra le 9:30 e le 9:50 di mattina, il movimento improvviso di una faglia a un centinaio di chilometri dalla costa generò un terremoto di magnitudo stimata tra 8,4 e 9 della scala Richter.

























La prima micidiale scossa fece oscillare la terra per quasi 3 minuti, comportando il crollo di numerose chiese e palazzi, come si può appurare nella drammatica testimonianza di un chirurgo inglese di nome Richard Wolsall, in una lettera scritta alla Royal Society di Londra:

"...in pochi secondi vennero giù tutte le chiese e i conventi della città, insieme al palazzo del re e al magnifico teatro dell'opera...nessun palazzo si salvò...la visione orripilante dei morti, insieme alle grida di coloro che erano per metà sepolti sotto le macerie eccede ogni mia possibile descrizione...perfino la persona più risoluta non osava stare neppure un momento a rimuovere le pietre dal volto dell'amico più caro, sebbene molti sarebbero potuti essere salvati in questo modo: ma nessuno pensava a null'altro se non alla propria salvezza; raggiungere luoghi all'aperto e in mezzo ad ampie strade era la sicurezza più probabile."

Tra l'altro, essendo il giorno di Ognissanti, all'ora in cui avvenne il sisma le chiese erano gremite di persone.
Se il terremoto fosse avvenuto in un giorno diverso, allora le persone sarebbero state sorprese in casa e forse avrebbero avuto un pizzico di possibilità in più di salvezza.
Questo perché le case sono più piccole delle chiese, le macerie derivanti meno voluminose, più bassi i tetti (anche se, a dir la verità, a Lisbona c'erano pure abitazioni alte).
Per farsi un'idea, questa era la Lisbona prima del catastrofico evento:



Le chiese affollate, invece, con i loro pesanti tetti si trasformano ancor più facilmente in trappole mortali.
Ma il disastro non si concluse qui.
Meno di un'ora più tardi si scatenò una seconda scossa, più breve ma maggiormente intensa.
La gente sopravvissuta fino a quel momento cominciò a pensare che fosse arrivato il giorno del Giudizio, mettendosi dunque disperatamente a pregare.
Molti però si precipitarono sulla riva del mare, come se quello fosse un luogo perfetto dove rimanere al sicuro; purtroppo era l'esatto opposto.
Infatti, quasi un'ora e mezza dopo la scossa principale uno tsunami di altezza stimata tra i 6 e i 15 metri flagellò ancor più la città.
L'onda anomala non colpì solamente Lisbona, ma si abbatté sull'intera costa del Portogallo, sull'Africa nordoccidentale e non solo.
Lo tsunami si diresse infatti anche ad Ovest e praticamente attraversò tutto l’Atlantico.
L’arcipelago di Madera venne raggiunto dalle onde dopo circa un'ora e mezza dal terremoto: Funchal (capoluogo della Regione autonoma di Madera) fu allagata dal mare che dapprima si ritirò e poi entrò sul litorale per alcune centinaia di metri, con onde tra i 2 ed i 4 metri d'altezza, danneggiando porto, barche ed edifici.
Svariate navi vennero distrutte anche alle Azzorre e nel pomeriggio, dopo aver viaggiato per almeno 5-6 ore, le onde colpirono il continente americano.
Le prime terre ad essere aggredite furono le Piccole Antille: Barbados, Antigua, Martinica, Guadalupa, Dominica videro le loro spiagge paradisiache (oggi famose mete turistiche) invase dalle onde che, sia pure di solo 2-3 metri d'altezza, sconvolsero porti e cittadine anche per l’inaspettata novità rappresentata da un fenomeno naturale così devastante ed anomalo.
Dopo circa un’ora ancora, lo tsunami, con altezze comunque intorno al metro, giunse anche in Brasile e sulle coste del nord-America dove però non si registrarono danni particolari.

Tempi di propagazione dello tsunami. I numeri indicano le ore trascorse




































Ecco come descrisse l'inquietante scena un mercante inglese:

"Dovevo ora attraversare una via lunga e stretta fiancheggiata su entrambi i lati da case alte 4 o 5 piani, tutte molto vecchie, la maggior parte crollate, alcune pericolanti che minacciavano i passanti con morte sicura a ogni passo; molti erano già morti e giacevano a terra di fronte a me; alcuni, cosa che io trovavo ancora peggiore, erano feriti così gravemente che non riuscivano ad alzarsi...All'improvviso udii un grido diffondersi tra la folla. Il mare sta venendo verso di noi, moriremo tutti. In quel momento mi girai a guardare verso il fiume che in quel punto è largo 4 miglia e mi accorsi che si stava innalzando e ingrossando in modo incomprensibile, dato che non c'era vento che lo potesse agitare. In un attimo apparve poco distante una grande massa d'acqua che si innalzava come una montagna, si avvicinava schiumando e con un profondo fragore, si abbatté sulla riva con tanto impeto che anche se noi tutti fuggimmo per metterci in salvo il più velocemente possibile, molti furono spazzati via."

Inoltre, nelle città colpite (e specialmente a Lisbona) le candele accese per la festa religiosa causarono svariati incendi che molti commentatori considerarono persino come una benedizione contro un'epidemia!
In realtà, gli incendi completarono l'opera di distruzione tanto che alla fine solo circa un quarto degli edifici rimase ancora in piedi (ci vollero ben 5 giorni per spegnerli tutti).
E non è ancora finita!
Sopraggiunse una terza scossa, questa volta con epicentro non al largo del Portogallo, bensì in Marocco.
Gli abitanti di Fez subirono immediatamente la medesima sorte toccata ai portoghesi.
Pure Algeri e Tangeri vennero colpite seriamente dalla calamità naturale.
Centinaia di scosse di assestamento colpirono Lisbona per circa 6 mesi, scosse che furono avvertite in tutto il Portogallo, la Spagna e l'Africa nordoccidentale.
Il bilancio dei morti è drammatico: tra i 60.000 e i 90.000 (a seconda delle fonti) su una popolazione (quella di Lisbona) stimata in 275.000 abitanti, a cui si devono aggiungere le 10.000 vittime in Marocco.
Le notizie del cataclisma si diffusero in tutto il mondo per mezzo di corrieri a cavallo e in barca.
Il disastro diventò un evento mediatico, ma si distingueva dagli altri che ebbero luogo dopo l'invenzione del telegrafo per un particolare: gli eventi impiegarono parecchie settimane per divenire notizie.
Occorsero infatti 7-10 giorni affinché la notizia fosse diffusa in Spagna e nell'area mediterranea, e ci vollero ben 4 settimane perché raggiungesse Amburgo.
Nelle colonie britanniche in America la notizia arrivò addirittura l'8 dicembre, giorno in cui le tragiche news pervennero pure in Scandinavia. 
Bisogna poi specificare che questo non fu il primo grande terremoto che flagellò Lisbona.
Infatti, un sisma nel 1531 determinò la stessa quantità di danni alla città, ma non abbiamo informazioni sul numero di morti.
La ricostruzione dopo la catastrofe del 1531 costò così tanto che il Portogallo fu obbligato ad abbandonare numerose colonie nel Nord Africa.
Ma mentre il sisma del 1531 comportò, come ogni violenta scossa, soltanto danni e morti, quello del 1755 fu in un qualche modo "rivoluzionario".
Per quale motivo?

Perché questo portò a un nuovo modo di concepire e studiare i fenomeni naturali, a un approccio maggiormente razionale, non influenzato dalla fede religiosa e dalle superstizioni.
Da quel momento gli intellettuali si gettarono infatti in lunghi dibattiti sulle cause del sisma, chiedendosi se ci fosse effettivamente Dio dietro il disastro e, in caso di risposta affermativa, perché mai Dio volesse punire i portoghesi.
La questione merita di essere approfondita.
Innanzitutto, è necessario porre in evidenza il fatto che il terremoto fu l'evento tanto agognato da uno dei più potenti tiranni "illuminati" d'Europa: il Marchese di Pombal.

Il Marchese di Pombal, in un ritratto del pittore Louis-Michel van Loo (1766)

















Si potrebbe affermare che dopo la grande scossa di terremoto il Portogallo girò intorno al marchese alla stregua dei pianeti attorno al Sole.
Sebastião José de Carvalho e Melo Conte di Oeiras, Marchese di Pombal (1699-1782), era stato nominato "Ministro del regno" (l'equivalente di un odierno ministro dell'interno) e, al fine di realizzare i propri intenti, aveva messo re Giuseppe I in ombra.
Infatti, il Marchese fu, de facto, capo del governo sotto il regno di Giuseppe I dal 1750 al 1777.
A seguito del devastante sisma, Pombal sostenne che la cosa più importante da fare era sicuramente "sotterrare i morti e nutrire i vivi".
La suddetta affermazione lo ha portato ad esser ricordato come un uomo d'azione che desiderava davvero il bene del proprio popolo.
A Lisbona c'era veramente tanto lavoro da fare per cercare di rimettere un po' le cose in ordine dopo la calamità naturale.
Innanzitutto, bisognava togliere i cadaveri dalle strade, prevenire lo sciacallaggio, ostacolare i pirati africani e (ovviamente) ricostruire la città.
Già il giorno dopo il sisma, Pombal suggerì di seppellire i corpi delle vittime in mare, in acque profonde lontano dalla costa, in modo da evitare lo scoppio di epidemie.
Nel frattempo, l'esercito predispose delle tende fuori dalla città e venne ordinato alla flotta di barche da pesca di ritornare a casa e portare cibo per i sopravvissuti.
Furono ben 34.000 gli individui condannati a morte per sciacallaggio nei giorni successivi alla catastrofe.
Comunque, il terremoto non colpì tutti quanti allo stesso modo.
Ci furono decisamente meno morti tra le persone abbienti e svariate case degli aristocratici erano rimaste intatte.
Nonostante ciò, tutti quanti preferivano dormire fuori nelle tende oppure in piccole capagne di legno provvisorie (ne furono edificate almeno 9000 durante i primi 6 mesi dal sisma) a causa della paura di nuove scosse e anche per seguire l'atteggiamento tenuto dal sovrano Giuseppe I, il quale visse in una tendopoli per 9 mesi assieme all'intera corte.
Molto presto si incominciò a registrare dati circa la gravità del disastro, attraverso la distribuzione di specifici questionari.
Questo fu il primo esempio nella storia di investigazione sui danni provocati da una calamità naturale.
Intanto, Pombal e i suoi architetti militari, guidati dal generale de Maia, stavano decidendo il da farsi relativamente alla ricostruzione di Lisbona.
Alla fine, venne deciso di demolire le capanne temporanee per far spazio a nuovi quartieri costruiti ex novo e di riparare gli altri quartieri danneggiati.
Tali lavori cominciarono nel 1758.
Le case vennero edificate su piloni di legno importato dal Nord Europa; questi piloni furono impiantati nel terreno per 5-6 metri come fondamenta per far diminuire i possibili danni di un sisma.
Inoltre, fra una casa e l'altra furono costruite delle mura frangi-fuoco, la cui stabilità fu testata dai soldati di Pombal, i quali ci saltavano tutti quanti sopra prima di approvarle per l'uso.
Praticamente, nel 1758 il marchese di Pombal aveva dato il via alle prime misure antisismiche nell'archittetura urbana!
Pombal voleva inoltre totalmente modernizzare il Portogallo, fermando a tal fine la persecuzione degli ebrei da parte della Chiesa e conferendo alla borghesia maggior potere a scapito dell'aristocrazia.
Egli desiderava anche indagare più approfonditamente del solito sulle cause del cataclisma, tematica al centro dei dibattiti per gli anni che seguirono.
A tal scopo, Pombal diede carta bianca agli scienzati affinché investigassero riguardo le cause del disastro, un atto completamente antitetico rispetto alle posizioni della Chiesa e dei capi religiosi.
A proposito di carta bianca:



Ritornando alla nostra narrazione, Pombal effettuò tal mossa al fine di tranquillizzare la popolazione e impedirle di credere che Dio l'avesse punita tramite il sisma.
Pombal infatti sosteneva che la sfera spirituale-religiosa non avrebbe dovuto in alcun modo intromettersi nella sfera pratica-scientifica.
Una posizione simile a quella del padre della scienza moderna, Galileo Galilei, il quale asserì, in una lettera Alla Granduchessa madre Cristina di Lorena, che le Sacre Scritture indicano "come si vadia al cielo, e non come vadia il Cielo".
Anche i gesuiti, i quali controllavano nientemeno che l'Inquisizione, erano contrari alle decisioni prese da Pombal.
Costoro, una volta all'anno, organizzavano delle esecuzioni capitali pubbliche in cui i non credenti, gli eretici e gli oppositori politici venivano torturati e arsi vivi sul rogo.


 
















I protestanti europei condannavano tale barbarica e disumana pratica, al punto che in Inghilterra il clero credeva che il terremoto fosse la punizione divina per le orribili azioni dell'Inquisizione.
Ma il clero cattolico di Lisbona rimandò al mittente le accuse, dando appunto la colpa ai protestanti!
Il conflitto tra Pombal e i gesuiti si fece così acceso che costui arrivò alla drastica decisione di espellerli tutti quanti dal Portogallo!



C'è di più: Pombal fece così tanta pressione su papa Clemente XIV a Roma da obbligarlo a sciogliere, nel 1773, l'ordine dei gesuiti.
Una volta liberatosi dei gesuiti, Pombal ebbe il tempo di dedicarsi totalmente alla riforma dell'educazione, introducendo corsi di filosofia e di scienze.
Anche se tutto ciò che si suole raccontare su Pombal fosse soltanto un'esagerazione ed esaltazione dei suoi meriti, rimane comunque l'indiscutibile fatto che questi impedì al terremoto di Lisbona di diventare anche un disastro sociale ed economico.
Il Marchese venne espulso da Lisbona alla morte di re Giuseppe, ovvero nel 1777, e morì il 15 maggio 1782.
Nonostante la volontà di Pombal di volere analizzare e affrontare il disastro in maniera maggiormente scientifica, la gente non era per niente interessata alle spiegazioni scientifiche, bensì alla morale, ai sermoni e alle profezie.
La popolazione faceva addirittura a gara per scegliere un santo prottetore dei terremoti, una competizione alla fine vinta da Francesco Borgia, conte spagnolo che aveva avuto un ruolo di primo piano nell'ordine dei gesuiti.
E poi c'erano appunto le profezie dei predicatori di Lisbona, i quali alimentavano nella popolazione la paura di un secondo cataclisma.
D'altronde, la maggior parte dei portoghesi era così profondamente religiosa da accettare l'idea di un Dio punitivo.
Risultava dunque pericoloso affermare che esso fosse dovuto invece a cause puramente naturali, cosa, come visto, asserita da Pombal stesso.
Il primo cauto tentativo di diffondere una visione diversa sulle cause della calamità si deve a José Alvares da Silva, che, nel dicembre del 1755, sottolineò che il disastro poteva avere una spiegazione religiosa ma che il sisma poteva essere spiegato anche con cause naturali.
Da Silva aggiunse che le scienze naturali potevano dimostrarsi molto utili per comprendere maggiormente l'argomento e che non era saggio paragonare Lisbona con la Babilonia della Bibbia.
Ma i profeti continuavano a terrorizzare la gente con le loro fantasiose profezie, al punto che Pombal fu costretto, nell'autunno del 1756, ad arrestarli, dato che stavano spargendo l'insensata voce che Dio avrebbe scatenato nuovamente un terremoto su Lisbona il 1° novembre pure di quell'anno.
Un caso emblematico è quello del gesuita Gabriel Malagrida (1689-1761).





















Egli si era fatto conoscere per i suoi discorsi ricchi d'energia e per i suoi presunti poteri magici.
Dopo esser stato missionario in Brasile, costui era ritornato in Portogallo nel 1754 per assistere la regina madre che stava morendo, entrando subito in conflitto con Pombal.
Dopo che la regina madre morì nel suddetto anno, Malagrida riuscì a sopravvivere solo perché aveva delle amicizie con alcuni oppositori di Pombal.
Questo contrasto giunse al culmine quando, nel 1756, Malagrida pubblicò un opuscolo, intitolato Juizo da verdadeira causa do terramoto, in cui illustrava le "vere" cause del terremoto.
Egli arrivò persino a scrivere quanto segue:

"Impara, o Lisbona, che i distruttori delle nostre case, palazzi, chiese, conventi, la causa della morte di 'si tante persone sono i tuoi abominevoli peccati, e non cause naturali...È scandaloso pretendere che il terremoto sia stato un evento naturale perché se fosse vero non vi sarebbe necessità di pentimento e cercare di placare l'ira di Dio...È necessario incanalare tutta la nostra forza allo scopo del pentimento."

Aveva pertanto asserito che a provocare la morte e la distruzione erano stati i peccati della gente e non le comete, il fuoco sotterraneo o qualsiasi altro fenomeno naturale.
Malagrida scelse il momento sbagliato per pubblicare il suo opuscolo.
Infatti, proprio in quel periodo Pombal si stava occupando di far diffondere il più possibile le spiegazioni scientifiche e si stava impegnando per la ricostruzione della città.
L'opuscolo fu dunque visto alla stregua di una sfida aperta verso Pombal, che, senza pensarci due volte, cacciò Malagrida dalla città.
Tuttavia quest'ultimo non si arrese alle volontà del Marchese, continuando le proprie attività altrove.
Pombal cercò allora uno stratagemma per eliminare per sempre il fastidioso Malagrida.
L'occasione giusta arrivò nel settembre 1758, quando re Giuseppe fu vittima di un attentato, nel quale rimase ferito, ma sopravvisse.
Infatti, Pombal venne in possesso di una lettera scritta diverso tempo prima da Malagrida nella quale prediceva che il re sarebbe stato ferito.
Tale prova fu sufficiente per condannare Malagrida inizialmente al carcere e poi "dato in pasto" all'Inquisizione, che, in un giorno di settembre del 1761, torturò il settantenne gesuita e lo bruciò sul rogo.
Il suo opuscolo venne dichiarato blasfemo dal re e fu bandito.
Nel frattempo, in Europa, i dibattiti sulle cause del terremoto si facevano accesi.
Per il matematico e filosofo Gottfried Wilhelm von Liebniz (1646-1716), padre dell'analisi matematica assieme a Newton, quando Dio aveva creato il mondo aveva stabilito in un programma giusto e amorevole tutto ciò che sarebbe accaduto sulla terra, compreso il male.
Leibniz sostenne inoltre che ci fossero cose ben peggiori dei terremoti di cui preoccuparsi:

"Un Caligola, o un Nerone, hanno causato più male di un terremoto."

Tale visione venne criticata da numerosi filosofi.
Ad esempio, il francese Voltaire (1694-1778) attaccò aspramente Leibniz e la sua filosofia ottimista mediante una poesia, Poeme sul la destruction de Lisbonne, che scrisse alcune settimane dopo il sisma.
Intanto un altro filosofo francese, Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), aveva suggerito che la catastrofe naturale potesse aver avuto cause sociali.
Rousseau sosteneva infatti che le cause erano da ricercare nel fatto che la gente avesse scelto di vivere nelle città e in grandi case, invece che in piccole case di campagna.
Costui affermava perciò che il disastro si sarebbe potuto evitare se la società fosse stata organizzata in modo differente.
Generalizzando, la maggior parte degli intellettuali del Settecento rifiutarono di indicare come causa della calamità la divina Provvidenza e cercarono invece risposte maggiormente razionali e scientifiche.
Il già citato Voltaire non si limitò a scrivere una poesia in cui erano diffuse le sue idee, ma arrivò persino ad elaborare un romanzo satirico, Candido, ovvero l'ottimismo, dove criticava veementemente la filosofia dell'ottimismo e le "facili" risposte religiose ai fenomeni naturali:

"Dopo il terremoto che avea distrutto tre quarti di Lisbona, i saggi del paese non avevan trovato mezzo più efficace per impedire una total rovina, che di dare al popolo un bell'auto-da-fè. Era stato deciso all'Università di Coimbra che lo spettacolo di qualche persona bruciata a fuoco lento in gran cerimonia era un segreto infallibile per impedire che la terra non si scuota...Candido, spaventato, confuso, smarrito, tutto insanguinato, tutto affannato dicea fra sé: "Se questo mondo è l'ottimo dei possibili che mai son gli altri?"
























Abbiamo appurato come il terremoto di Lisbona abbia contribuito a sradicare quell'abitudine di osservare i fenomeni naturali (dunque anche i disastri) da una prospettiva spirituale-religiosa e a far diffondere sempre più un metodo di studio dei fatti più razionale.
Tuttavia, rimaneva comunque aperta una domanda fondamentale: se Dio non c'entra nulla col sisma, quale spiegazione naturale descrive il fenomeno in questione?
Bisogna specificare che solamente dopo il terremoto di San Francisco del 1906 si arrivò a una teoria sull'origine dei terremoti universalmente accettata.
Nella seconda metà del Settecento alcune delle cause naturali ipotizzate, viste con "occhi moderni", ci sembrerebbero alquanto strambe e assurde.
Le teorie più accreditate all'epoca spiegavano i sismi con incendi scoppiati nelle vene sulfuree sotterranee e con il crollo di cavità sotterranee, idee che derivavano addirittura da quelle di Aristotele.
Forse non ci crederete, ma uno dei più noti filosofi tedeschi, Immanuel Kant (1724-1804), pubblicò, nel 1756, 3 interessanti articoli "scientifici" sul terremoto di Lisbona.
Egli riteneva che le fiamme dall'interno della Terra avessero trovato una strada per salire verso la crosta interna tramite una sorta di labirinto di canali.
A detta di Kant, il fuoco era attivato dall'incontro dell'acqua con le aree solforose all'interno della Terra.
Tutto ciò innescava i terremoti.
Nei suoi articoli Kant non tralasciò di analizzare un altro fenomeno catastrofico: lo tsunami.
Per il filosofo esso era il risultato della propagazione delle onde sismiche attraverso l'acqua.
Egli pervenne peraltro a una scoperta importante inerente all'origine dei terremoti: Kant pensava infatti che la loro origine potesse trovarsi anche a notevole distanza da dove li si avverte perché il movimento si propaga attraverso delle onde.
Idee alquanto moderne quelle di Kant, vero?
Secondo il critico letterario tedesco Walter Benjamin (1892-1940), il testo di Kant sul terremoto di Lisbona rappresenta probabilmente l'inizio della geografia scientifica in Germania, e sicuramente quello della sismologia.
Un altro personaggio che fornì una sua spiegazione relativamente a terremoti e maremoti fu il fisico inglese John Michell (1724-1793), noto specialmente per esser stato il primo a misurare l'attrazione gravitazionale fra 2 corpi in laboratorio.
Michell riteneva che le onde d'urto si propagassero più lentamente attraverso l'acqua, una supposizione che poteva spiegare perché lo tsunami arrivò a Lisbona dopo il terremoto stesso.
Se la teoria di Michell sulla propagazione delle onde risultava valida, non si può però dire lo stesso su quella concernente la spiegazione dei terremoti.
Infatti, costui credeva che i sismi salissero in superficie da incendi ed esplosioni sotterranee, non che fossero generati dal rilascio di energia lungo delle faglie (la moderna spiegazione).
Tirando le fila del discorso, il sisma di Lisbona del 1755 fu uno dei più devastanti terremoti che abbia mai flagellato l'Europa, determinando innumerevoli vittime e danni, ma ebbe un lato positivo: aprì la strada ad una visione e una prevenzione scientifica delle catastrofi naturali, allontanando superstizioni o comunque facendo capire che è unicamente compito della scienza indagare sui fenomeni naturali.
Concludiamo il post con 2 interessanti video relativi al terremoto di Lisbona:





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Fonti principali:

- Storia dei disastri naturali di Henrik Svensen
- Aria, acqua, terra e fuoco (Volume 1) di Fabio Vittorio De Blasio
- http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_di_Lisbona_del_1755

2 commenti:

  1. Salve Leonardo,
    in principio complimenti per l'esaustività nell'argomento trattato. Volevo chiederti che fonti hai usato per la parte conclusiva dell'articolo: quella riguardante le versioni dei vari scienziati-filosofi.
    Grazie mille e complimenti ancora.
    M.

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    1. Ringrazio per l'apprezzamento del post! Le fonti fondamentali per la stesura dell'articolo le ho citate in fondo al post e in particolare da Storia dei Disastri Naturali ho attinto la parte conclusiva.

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